Strutture ricettive: Iva ridotta anche senza classificazione

Contrasta con la disciplina Ue la normativa nazionale in forza della quale l’applicazione dell’Iva ridotta all’alloggio fornito da alberghi e strutture simili è soggetta all’obbligo di un certificato di classificazione se l’agevolazione non è connessa ad aspetti concreti e specifici della categoria agevolata o, qualora, l’applicazione dell’aliquota ridotta non rispetti il principio di neutralità fiscale.

Il fatto e le questioni pregiudiziali
La domanda di pronuncia pregiudiziale relativa alla controversia in commento verte sull’interpretazione dell’articolo 98, paragrafo 2, e dell’allegato III, punto 12, della direttiva 2006/112/Ce sull’Iva ed è stata proposta nell’ambito di un contenzioso, che oppone l’Amministrazione finanziaria bulgara a una società, in merito all’applicazione dell’aliquota ridotta dell’Iva alle attività svolte dalla contribuente durante un periodo in cui la stessa non disponeva di un certificato di classificazione per la struttura ricettiva che gestisce.
La società in questione ha un oggetto sociale che comprende, in particolare, le attività di turismo, ristorazione, alberghiera e di organizzazione di viaggi.
Nel corso di una verifica fiscale è stato accertato che la stessa aveva preso in locazione un complesso turistico di appartamenti di proprietà di privati. In base ai contratti di gestione dei beni immobili privati facenti parte del complesso, i titolari dei beni hanno accettato che la società gestisca, conservi e conceda in locazione a loro nome gli appartamenti a terzi.
Nel periodo interessato, la società ha esercitato un’attività ricettiva nel complesso e ha applicato l’Iva con aliquota del 9% sulle operazioni realizzate.
La questione è approdata, quindi, dinanzi alla competente autorità giurisdizionale, che ha sottoposto al vaglio pregiudiziale della Corte Ue le seguenti questioni con cui il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 98, paragrafo 2, della direttiva Iva, in combinato disposto con l’allegato III, punto 12, della stessa direttiva, debba essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale in forza della quale l’aliquota Iva ridotta per l’alloggio fornito da alberghi e strutture simili è soggetta all’obbligo, per tali strutture, di disporre di un certificato di classificazione o di un certificato di classificazione provvisoria.

Le precisazioni della Corte Ue
La Corte Ue illustra la disciplina unionale prevista ai fini della applicazione delle aliquote Iva ridotte.
A tal proposito, ai sensi dell’articolo 96 della direttiva Iva, ciascuno Stato membro applica la stessa aliquota normale alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi.
In deroga a tale principio, l’articolo 98 prevede la possibilità di applicare aliquote ridotte e l’allegato III al documento elenca in maniera esaustiva le categorie di cessioni di beni e di prestazioni di servizi che possono usufruire dell’agevolazione.
In particolare, l’allegato III, punto 12, della direttiva Iva consente agli Stati membri di applicare un’aliquota ridotta all’alloggio fornito da alberghi e simili, compresi gli alloggi per vacanze e l’affitto di posti per campeggio e di posti per roulotte.
La direttiva non contiene alcuna definizione della nozione di “alloggio fornito da alberghi e simili”, contenuta nel citato allegato III, punto 12.

Ciò premesso, l’articolo 135, paragrafo 2, primo comma, lettera a), della direttiva dispone che sono escluse dal beneficio dell’esenzione prevista per l’affitto e la locazione di beni immobili dall’articolo 135, paragrafo 1, lettera l), le prestazioni di alloggio, come definite dalla legislazione degli Stati membri, effettuate nel settore alberghiero o in settori aventi funzioni analoghe, comprese le locazioni di campi di vacanza o di terreni attrezzati per il campeggio.
L’allegato III, punto 12, su richiamato è formulato, in sostanza, in termini equivalenti a quelli dell’articolo 135, paragrafo 2, primo comma, lettera a), della direttiva.

Come precisato da quest’ultima disposizione, le prestazioni di alloggio effettuate, in particolare, nell’ambito del settore alberghiero si intendono come definite dalla legislazione degli Stati membri.
Il giudice del rinvio osserva che il diritto bulgaro definisce la nozione di alloggio facendo riferimento alla legge sul turismo, in forza della quale le strutture ricettive devono disporre di un certificato di classificazione o di un certificato di classificazione provvisoria.

La Corte ha già dichiarato che, per definire le operazioni di alloggio che devono essere assoggettate a imposta in deroga all’esenzione dell’affitto e della locazione di beni immobili, in conformità dell’articolo 135, paragrafo 2, primo comma, lettera a), gli Stati membri godono di un margine di discrezionalità.
Spetta, quindi, a questi ultimi, nel recepire questa disposizione, introdurre i criteri che ritengono opportuni per distinguere le operazioni imponibili da quelle non imponibili.
A tal proposito, nel caso in esame, nell’avviso di accertamento l’amministrazione tributaria ha considerato che, durante il periodo in cui la società non disponeva di un certificato di classificazione, le prestazioni di servizi da essa fornite avrebbero dovuto essere fatturate applicando l’aliquota Iva ordinaria, vale a dire quella del 20% e non quella ridotta del 9 per cento.

Pertanto, quand’anche tali prestazioni siano state fornite in uno stabilimento non classificato in base alla legge sul turismo, esse sono state considerate dalle autorità tributarie come operazioni di alloggio nell’ambito del settore alberghiero.
Diversamente, tali prestazioni sarebbero state esentate dall’Iva, in attuazione dell’articolo 135, paragrafo 1, lettera l), della direttiva Iva.

Con riferimento alla questione se gli Stati membri possano subordinare la possibilità di applicare un’aliquota Iva ridotta alla condizione che le relative strutture siano in possesso di un certificato di classificazione o di un certificato di classificazione provvisorio, come risulta dalla formulazione dell’articolo 98 della direttiva, l’applicazione di una o di due aliquote ridotte non è obbligatoria.
Si tratta, infatti, di una facoltà riconosciuta agli Stati membri, in deroga al principio secondo il quale si applica l’aliquota normale.
Pertanto, gli Stati membri possono, in linea di principio, scegliere di applicare l’Iva ridotta a determinati servizi di alloggio di cui all’allegato III, punto 12, della direttiva, mentre applicano l’aliquota normale ad altri servizi di questo tipo.

L’esercizio della facoltà di procedere a un’applicazione selettiva di un’imposta light, riconosciuta agli Stati membri, è soggetto alla duplice condizione, da un lato, di isolare dalla categoria di prestazioni interessata, ai fini dell’applicazione dell’aliquota ridotta, soltanto elementi concreti e specifici e, dall’altro, di rispettare il principio di neutralità fiscale.
Al fine di determinare, in primo luogo, se l’alloggio in strutture classificate costituisca un aspetto specifico e concreto della categoria relativa all’alloggio fornito da alberghi e strutture simili, occorre esaminare se si tratti di una prestazione di servizi di per sé individuabile separatamente dalle altre prestazioni di tale categoria.
La Corte osserva che in Bulgaria tutte le strutture ricettive devono essere classificate in base alla legge sul turismo, classificazione senza la quale non possono legalmente esercitare la loro attività.
Se così fosse, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare, l’alloggio in strutture non classificate costituirebbe non già un altro tipo di prestazione rientrante nella categoria di cui all’allegato III, punto 12, della direttiva Iva, bensì un alloggio non conforme alla normativa nazionale.
In una situazione del genere, l’applicazione dell’aliquota normale all’alloggio in strutture non classificate non può essere giustificata, dal momento che, in Bulgaria, ogni alloggio fornito da alberghi e simili, ai sensi dell’allegato III, punto 12, più volte richiamato, deve essere, per definizione e fatte salve le verifiche che il giudice del rinvio deve effettuare, un alloggio in strutture classificate. Di conseguenza, un alloggio del genere in strutture classificate non può costituire un aspetto concreto e specifico della categoria di cui al detto punto 12, individuabile separatamente da altre prestazioni rientranti in quest’ultima e consistente nel fornire un alloggio in strutture non classificate, dato che tali prestazioni non sarebbero autorizzate dalla normativa nazionale.

In altri termini, la Corte Ue osserva che dal momento che l’obbligo di classificazione previsto dalla normativa bulgara riguarda tutte le prestazioni di alloggio fornito da alberghi e simili ai sensi dell’allegato III, punto 12, della direttiva, non si può ritenere che tale normativa limiti l’applicazione dell’Iva ridotta ad aspetti concreti e specifici delle prestazioni in questione, dal momento che essa copre tutte le prestazioni rientranti in tale categoria.
Spetta al giudice del rinvio verificare, alla luce della normativa nazionale e delle circostanze di fatto sottoposte al suo esame, se l’alloggio in una struttura classificata possa costituire un aspetto concreto e specifico della stessa categoria.
Nell’ipotesi in cui si giungesse a una conclusione in tal senso, il giudice del rinvio dovrebbe, in un secondo momento, verificare se l’applicazione selettiva dell’agevolazione alle sole strutture ricettive classificate ai sensi della legge sul turismo leda il principio di neutralità fiscale.
Tale principio osta a che beni o prestazioni di servizi simili, che si trovano in concorrenza gli uni con gli altri, siano trattati in modo diverso dal punto di vista dell’Iva.

Le conclusioni della Corte Ue
Tutto ciò premesso, la Corte di giustizia europea perviene alla conclusione che l’articolo 98, paragrafo 2, della direttiva Iva, in combinato disposto con l’allegato III, punto 12 della stessa direttiva, deve essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale in forza della quale l’applicazione di un’aliquota Iva ridotta all’alloggio fornito da alberghi e strutture simili è soggetta all’obbligo di disporre di un certificato di classificazione o di un certificato di classificazione provvisoria, se tale normativa non limita l’applicazione dell’aliquota Iva scontata ad aspetti concreti e specifici della categoria delle prestazioni fornite o, qualora limiti tale applicazione a siffatti aspetti concreti e specifici, se essa non rispetta il principio di neutralità fiscale.

Data sentenza
8 febbraio 2024

Numero della causa
C 733/22

Nome delle parti
Direktor na Direktsia «Obzhalvane i danachno-osiguritelna praktika» – Sofia pri Tsentralno upravlenie na Natsionalnata agentsia za prihodite
contro
«Valentina Heights» EOOD
 

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