Senza visibilità nel quadro RU, il bonus ricerca e sviluppo sfuma

L’omessa indicazione, nel quadro RU della dichiarazione dei redditi, del credito d’imposta R&S determina la decadenza del beneficio, il recupero dello stesso nel maggior termine di otto anni e l’irrogazione della sanzione al 100 per cento. È, in sintesi, quanto precisato nella sentenza n. 1231/10/2023, del 29 dicembre 2023, dalla Corte di giustizia tributaria dell’Emilia Romagna.

Le regole del credito R&S
Il bonus R&S, previsto dall’ex articolo 1, commi da 280 a 283, della legge 296/2006, ha avuto un iter abbastanza travagliato. Esso prevedeva l’attribuzione di un credito d’imposta per un importo pari a una percentuale dei costi sostenuti per l’attività di ricerca e sviluppo.
Successivamente, con l’emanazione del decreto n. 76/2008 furono stabilite le norme regolamentari relative agli obblighi di comunicazione. Nello stesso anno, con l’articolo 29 del Dl n. 185, il legislatore dettò, poi, una particolare disciplina per la fruizione dell’agevolazione. Venne quindi previsto (comma 2, lettera a)) che “per le attività di ricerca che, sulla base di atti o documenti aventi data certa, risultano già avviate prima della data di entrata in vigore del presente decreto (ndr 29 novembre 2008), i soggetti interessati inoltrano per via telematica alla Agenzia delle entrate, entro trenta giorni dalla data di attivazione della procedura di cui al comma 4 (ndr relativa all’invio di uno specifico formulario), a pena di decadenza dal contributo, un apposito formulario approvato dal Direttore della predetta Agenzia; l’inoltro del formulario vale come prenotazione dell’accesso alla fruizione del credito d’imposta”. Chiarimenti sulla norma furono forniti, in particolare, con la circolare n. 17/2009.
Peraltro, in numerosi casi, le società che avevano inoltrato il formulario con le modalità corrette, avevano ricevuto un diniego del nulla osta per la fruizione del credito a causa dell’esaurimento delle risorse finanziarie.

In un secondo momento, però, con l’articolo 2, comma 236, della legge n. 191/2009, furono approvati degli ulteriori stanziamenti per il credito in argomento, che trovarono la loro regolamentazione in un decreto interministeriale del 4 marzo 2011.
L’articolo 1 di tale decreto stabilì che i soggetti, i quali avevano inviato lo specifico formulario per l’accesso al credito d’imposta, ma che non avevano ricevuto il nulla-osta, per mancanza delle risorse disponibili, potevano comunque utilizzare l’importo richiesto per gli anni 2007, 2008 e 2009.
La fruizione dell’importo, peraltro, era limitata al 47,53% di quanto richiesto (in tal senso l’articolo 1, comma 3, del decreto interministeriale e la risoluzione n. 100/2011). Specifici obblighi di comunicazione furono, però, posti a carico delle imprese che intendevano avvalersi del credito. Era quindi obbligatoria l’indicazione del credito nella dichiarazione dei redditi relativa al 2011 (Unico 2012).
Ciò, in quanto la fruizione del credito era possibile a decorrere dal 2011, indicandolo in compensazione nel modello F24, evidenziando il codice tributo 6808 e l’annualità 2011 (risoluzioni 100/2011 e 26/2013).
L’indicazione obbligatoria in dichiarazione derivava, in particolare:
– dall’articolo 1, comma 282, della legge n. 296/2006 il quale stabilisce che “il credito d’imposta deve essere indicato nella relativa dichiarazione dei redditi
– dall’articolo 5 del decreto n.76/2008, il quale prevede che “l’impresa beneficiaria indica, a pena di decadenza, in un’apposita sezione della dichiarazione dei redditi il prospetto relativo ai costi sulla base dei quali è stato determinato l’importo del credito d’imposta”.

Per quello che riguarda la dichiarazione relativa all’anno di imposta 2011, il credito R&S doveva essere indicato nella sezione XVII del quadro RU, in particolare nel rigo RU81, denominato “Credito d’imposta spettante ai sensi del D.I. 4/3/2011”. Altri dati andavano poi evidenziati negli altri righi/campi della sezione XVII (che comprendeva anche i righi RU79 e RU80, nonché i righi/campi da RU82 a RU85).
Chiarissime, in tal senso, le istruzioni per la compilazione.
Di contro, nessuna indicazione doveva essere data nelle dichiarazioni relative agli anni di sostenimento dei costi.
È poi da tenere presente, che la decadenza del credito R&S, nel caso di omessa indicazione nel quadro RU, era stata sancita anche dalla suprema Corte, la quale ha stabilito che “alcuni provvedimenti istitutivi dei crediti d’imposta impongono la compilazione del quadro RU nel modello Unico a pena di decadenza dal beneficio, come ad esempio quello relativo agli investimenti in attività di ricerca e sviluppo di cui alla L. 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, commi 280-283” (cfr ordinanze nn. 1266/2017 e 9537/2015).

I fatti di causa
In seguito a un controllo effettuato dalla direzione provinciale delle Entrate di Modena, veniva acclarato che una società, pur avendo utilizzato il credito per ricerca e sviluppo, per un ammontare di 20.376,11 euro, aveva omesso la sua indicazione nel quadro RU. Il fatto aveva, quindi, determinato la decadenza dalla possibilità di utilizzo del credito.
La Dp di Modena notificava, pertanto, alla società apposito atto, con il quale veniva recuperato l’importo indebitamente utilizzato. Venivano poi recuperati gli interessi e comminata una sanzione pari al 100% dell’imposta, trattandosi di credito inesistente. È da rilevare, inoltre, che l’atto di recupero veniva notificato nel 2019, a fronte di un indebito utilizzo nel 2011; era quindi stato applicato il più ampio termine di otto anni previsto dall’articolo 27, comma 16 del Dl n. 185/2008.

La compagine presentava ricorso, nel quale contestava nel merito l’atto di recupero, ritenendo che l’omessa indicazione nel quadro RU non poteva determinare decadenza dalla spettanza del credito. Veniva inoltre contestato l’utilizzo del più lungo termine di accertamento di otto anni. La ricorrente lamentava, inoltre, la sanzione del 100%, ammettendo, al limite, la possibilità di una sanzione al 30 per cento.
L’ufficio si costituiva regolarmente in giudizio, contestando tutte le doglianze di parte.
Con sentenza n. 109/02/2020, del 16 marzo 2020, la Commissione tributaria provinciale di Modena rigettava il ricorso, condannando la società al pagamento delle spese.
I giudici di primo grado sentenziavano, in particolare, che “sia le norme (di legge e regolamentari) sia la giurisprudenza di legittimità hanno comunque sancito la decadenza dall’agevolazione nel caso di mancata compilazione/indicazione relativamente al quadro RU della dichiarazione dei redditi (per l’anno d’imposta 2011), per cui i motivi dedotti nel ricorso sono infondati”.

L’appello e la sentenza
Insoddisfatta dell’esito della controversia, la società proponeva appello avverso la sentenza di primo grado.
Nell’atto introduttivo venivano principalmente riproposti i motivi di doglianza del primo grado.
In particolare, contestava:
– la definizione di credito inesistente che l’ufficio aveva dato al credito indebitamente utilizzato. Veniva quindi asserito che il credito doveva qualificarsi come non spettante, con conseguente mancato raddoppio dei termini
– il recupero del credito nella sua totalità. La ricorrente produceva quindi documentazione tesa a provare la reale effettuazione delle attività di ricerca e sviluppo
– l’applicazione della sanzione al 100%, eccependo che al limite, la sanzione doveva essere pari al 30 per cento. Secondo la società, l’omessa compilazione del quadro RU sostanziava solo una violazione formale.
La Dp di Modena, anche in questo caso, si costituiva regolarmente nel giudizio di appello, confutando le doglianze di parte.

Con la sentenza 1231/10/2023, del 29 dicembre 2023, la Corte di giustizia tributaria di secondo grado dell’Emilia Romagna rigettava l’appello della parte, condannandola inoltre al pagamento delle spese di lite.
Per quanto concerne la dicotomia credito inesistente/non spettante, la Cgt statuiva che “il ragionamento del contribuente circa la differenza tra credito inesistente e credito non spettante, al fine di evitare il raddoppio dei termini prescrittivi dell’accertamento, non è condivisibile. La Suprema Corte, con sentenza n. 34266 del 15 novembre 2021, ha affermato il principio, dal quale non vi è motivo di discostarsi, secondo cui l’utilizzo di un beneficio fiscale, subordinato alla compilazione di un modulo della dichiarazione dei redditi è una manifestazione di volontà e non una dichiarazione di scienza, per cui la dichiarazione ha il medesimo valore di un atto negoziale, come tale irretrattabile, anche in caso di errore, salvo che il contribuente dimostri che questo non fosse conosciuto o conoscibile dall’Amministrazione. Per i crediti d’imposta sorti ai sensi della Legge n. 449/1997, tra i quali, ex art. 5, vi sono quelli per la ricerca e sviluppo, la mancata indicazione in dichiarazione, nel quadro RU, comporta espressamente la perdita del credito medesimo, senza che vi sia alcuna possibilità di sanare la sanzione decadenziale con una successiva dichiarazione in rettifica. […] L’utilizzo del beneficio fiscale non dichiarato nel quadro RU rappresenta quindi l’assenza della manifestazione di volontà da parte del contribuente di voler usufruire del beneficio concesso dalla normativa di riferimento. L’inesistenza dell’agevolazione implica quindi il raddoppio dei termini di accertamento e pertanto l’atto dell’Ufficio, notificato entro il 31 dicembre 2019 su una compensazione effettuata nel 2011, è legittimo”.

I giudici di secondo grado rigettavano, poi, anche il tentativo di dimostrazione dei costi da parte del contribuente, in quanto “non è […]in discussione se il credito di imposta sia esistente in funzione dell’avvenuto sostenimento dei costi di ricerca e sviluppo da parte del contribuente nel triennio 2007/2009 secondo il dettato dell’art. 1 comma 280 e segg. della Legge 296/2006, né che l’Agenzia abbia o meno contestato i costi di ricerca, né che la documentazione comprovi le spese sostenute e che il Formulario, necessario all’esistenza del credito di imposta, sia stato o meno inviato”.
Su questo punto, la statuizione della Cgt ha assolutamente senso, visto che la contestazione della Dp di Modena si era basata sulla sola circostanza dell’omessa indicazione del credito ricerca e sviluppo del quadro RU. È da evidenziare che in questa controversia, come in altre relative alla stessa tipologia di credito, i soggetti che ne usufruiscono ritengono di aver adempiuto agli obblighi di comunicazione inserendo i dati nelle dichiarazioni degli anni in cui sono stati sostenuti i costi. Quanto detto malgrado le istruzioni per la compilazione dei quadri RU siano estremamente chiare, sia nel senso della loro inclusione (per l’anno d’imposta 2011) sia nel senso della loro non indicazione (per gli anni d’imposta dal 2007 al 2009).
Per quanto riguarda poi, l’asserita “formalità” dell’omessa indicazione del credito nel quadro RU, veniva sentenziato che l’inesistenza del credito compensato dal contribuente non consente l’accoglimento del secondo motivo di appello riguardante le sanzioni. L’omessa compilazione del quadro RU non può essere considerata un errore formale, e non può neppure essere applicata la riduzione al 30% prevista dall’art. 13, comma 4 del D.Lgs 472/1997 [rectius: 471/1997], perché il credito era inesistente”.

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